PICCOLA STORIA DEL LIEN MÉCANIQUE OSTÉOPATHIQUE. INTERVISTA a PAUL CHAUFFOUR

Diversi Pubblicato il 31 mar 2021

Intervista a cura di Hélène Loiselle, BSc Ost

Siamo il 3 giugno 2012, in Sicilia, dove sta terminando il 2° seminario internazionale del Lien Mécanique Ostéopathique. Condotto da Paul Chauffour D.O., ideatore del Lien Mécanique e da Éric Prat D.O. e Jacques Michaud D.O., questo seminario, tradotto in quattro lingue, ha riunito 42 osteopati arrivati da 8 differenti paesi, tutti concordi nell’affermarne il successo.  Approfittando di qualche momento di pausa ho chiesto a Paul Chauffour di raccontarmi la sua storia e quella del Lien Mécanique…

(Paul Chauffour) – Ho fatto parte della prima formazione di Osteopatia aperta ai fisioterapisti francesi nel 1965, a Londra in Inghilterra.  Dal 1965 al 1969, i corsi si svolsero al BCNO (British College of Naturopathy and Osteopathy) a Londra. Nel 1969, la scuola venne trasferita a Maidstone, nel Kent e prese il nome di: European School of Osteopathy (E.S.O.). Questa prima formazione contava 9 persone provenienti da tutta Europa – da allora le cose sono molto cambiate!

A quell’epoca, il direttore era Thomas G Dummer, un uomo straordinario, che ci insegnò con grande generosità tutto il suo sapere. Ci parlò della «lesione totale», della «lesione primaria», purtroppo senza donarci la chiave di queste domande fondamentali. Ad oggi, le risposte a queste domande non sono ancora chiare.

Mi diplomai DO Osteopata nel 1971, ricevendo, essendo per ordine alfabetico, il diploma numero 2 rilasciato dall’ESO! Ho esercitato la professione di fisioterapista dal 1965 al 1973, per poi praticare esclusivamente l’Osteopatia. Nel 1971, abbiamo creato «l’Association Française de Défense Ostéopathique», con l’obbiettivo di promuovere la regolamentazione ufficiale della professione in Francia. Fui il Presidente fondatore e restai alla testa di questa Associazione per 8 anni. Con i miei compagni di allora, Fernand-Paul Berthenet Segretario Generale, Bernard Le Balch Vice-Presidente, Robert Hiriart Vice-Presidente, formammo una bella squadra, determinata e credo indistruttibile!

Un’ordinanza ministeriale in vigore all’epoca precisava che «tutti i trattamenti detti d’osteopatia, (…) non possono essere praticati che da dottori in medicina».  La nostra decisione di esporre «avvitando le nostre targhe» di Osteopati D.O. ci valse una serie di processi per «esercizio illegale della Medicina», con la condanna, generalmente 1 franco di condanna ed interessi. Che fosse un franco o un milione di dollari, rimase sempre una condanna. Ma eravamo coscienti che ci giocavamo l’avvenire per l’Osteopatia Francese ed Europea, e quindi continuammo su questa strada.

Nel 1975, venni contattato per insegnare all’E.S.O. Mi chiesero di prendere in carico il dipartimento di Osteopatia Periferica. Avevo accumulato, allora, una buona esperienza in questo campo, in quanto avevo trattato numerosi ballerini per problemi a questo livello.  All’epoca, esistevano delle tecniche, ma non di diagnosi precisa nel senso veramente osteopatica.  Mi immersi completamente in questo progetto e arrivai a completare le mie conoscenze di allora grazie alle pubblicazioni di James Mennel MD.  Presi e feci avanzare i lavori di quest’ultimo, che parlava per esempio di test articolari in scivolamento. Di questi test in scivolamento, ne feci dei test in tensione, che esistono tuttora con lo stesso nome e che costituiscono il primo «strumento» della metodica del Lien. Quindi organizzai il mio insegnamento dell’osteopatia periferica con dei test specifici di messa in tensione (inter-falangee, ginocchio, ecc.), sempre più dettagliati. 

Ebbi negli anni intorno al 1977, un periodo di dubbio. Mi posi un certo numero di domande alle quali non riuscivo a rispondere, sia sul piano dei concetti osteopatici che della mia pratica e del mio impegno professionale. In quel momento, meditai addirittura di abbandonare la pratica dell’osteopatia.  A quell’epoca, scoprii un fenomeno particolare, che ancora oggi mantiene tutto il suo valore ed il suo interesse. Se testo in tensione due lesioni simultaneamente, per esempio un polso ed un gomito, avrò sempre una delle due lesioni che si rilascia mentre l’altra mantiene la sua resistenza lesionale. Ho ripetuto questa osservazione centinaia di volte con lo stesso effetto – si tratta di un riflesso costante e riproducibile: une lesione cede mentre l’altra persiste. In seguito realizzai che i test in tensione che erano praticati a livello periferico potevano essere applicati a livello della colonna vertebrale. Questi test applicati alla colonna vertebrale mi permisero di metterla in relazione con il periferico per l’intermediazione di questo «riflesso».  Questo fu per me una straordinaria sorpresa, una rivelazione. Chiamai questo riflesso «LA BILANCIA INIBITRICE». Potei quindi gerarchizzare le lesioni trovate sull’insieme del corpo e trovare infine un mezzo affidabile, costante, ripetibile e razionale per determinare la «LESIONE PRIMARIA». La bilancia inibitrice ha cambiato il mio modo di lavorare, mi ha rassicurato e permesso di sviluppare la mia pratica ed anche il concetto del Lien. È ancora oggi uno dei tre strumenti essenziali (con il test in tensione ed il recoil) che caratterizzano la metodica del Lien.

Nel 1979, una nuova avventura prese corpo. Tre Osteopati DO francesi, Maurice Paul Sainte Rose, Jean Pierre Barral ed io venimmo contattati dalla Facoltà di Medicina di PARIS XIII, nella persona del Dottor Didier Feltesse, al fine di insegnare nelle nostre rispettive branche: l’osteopatia strutturale, viscerale e periferico. Per me, l’impegno durò 8 anni. Questa esperienza di insegnamento a livello universitario fu molto positiva, mi permise di essere più rigoroso, più razionale e di incontrare numerose persone importanti che hanno influenzato la mia carriera.

Allo stesso tempo, mi interessai ai mezzi d’azione per la normalizzazione delle lesioni osteopatiche. Alla fine solo due tecniche hanno attirato il mio interesse. Le tecniche strutturali classiche, di tipo «roll» o «dog», sono tecniche che non utilizzo più che però ritengo perfettamente compatibili con la pratica del Lien. Queste hanno l’inconveniente di non poter essere praticate a tutte le età dei pazienti e nemmeno a tutte le parti del corpo. La seconda tecnica è quella dei chiropratici, il «toggle-recoil», perfetta a certi livelli del corpo (colonna, arti), ma con gli stessi inconvenienti e le stesse controindicazioni delle nostre tecniche strutturali.

Mi resi conto allora che potevo ridurre considerabilmente la forza del «toggle-recoil», di trasformarlo, di affinarlo significativamente. Così progressivamente ho potuto creare un mio stesso mezzo specifico di aggiustamento il «RECOIL». Con Éric Prat, in seguito, abbiamo negli anni migliorato la sua specificità, la sua precisione e la sua efficacità. Il mio terzo strumento, dopo la bilancia inibitrice, prese forma: il «RECOIL». Il recoil può essere praticato a tutte le età, su tutte le parti del corpo senza eccezioni, non presenta controindicazioni, quella che sia la patologia che possiamo trattare nei nostri pazienti. È il solo tipo di correzione specifica che pratico ormai da circa 30 anni. Al di fuori dei colleghi formatisi nel Lien, altri l’hanno adottata come tecnica principale o ausiliaria. Il recoil è perfettamente indolore, leggero; diciamo: «è un soffio che passa sulla struttura». Con il Lien, finisce la nozione di dislocazione di una struttura in rapporto ad un’altra. il recoil è una tecnica informazionale di normalizzazione che agisce sui recettori neurologici della lesione osteopatica. 

Con il recoil, ebbi finalmente i tre strumenti, che abbiamo conservato fino ad oggi, quindi: i TEST IN TENSIONE per la diagnosi, la BILANCIA INIBITRICE per la gerarchizzazione delle lesioni (e dunque determinare la lesione primaria e le lesioni dominanti del paziente), ed il RECOIL per correggere queste differenti lesioni seguendo l’ordine necessario. Questi tre strumenti mi hanno permesso di costruire un metodo originale: IL LIEN MÉCANIQUE OSTÉOPATHIQUE. 

Considero i test osteopatici classici perfettamente validi. Eppure I test di mobilità a leva corta o lunga oppure i test di ascolto non sono compatibili con la bilancia inibitrice. Dovetti riprendere tutta l’Osteopatia classica che conoscevo e che rispetto profondamente, trasformare tutti i test di mobilità per poter fare dei TEST IN TENSIONE e quindi riconsiderare completamente l’esame generale del paziente – ad ogni modo, ho dovuto uscire dai sentieri battuti -. Spero in modo molto modesto di aver partecipato all’evoluzione dell’Osteopatia.  A.T. Still, fondatore dell’Osteopatia ci ha indicato la via, una via maestra, ed i suoi successori devono continuare a sviluppare il suo pensiero, la sua filosofia, i suoi principi, oltre a svilupparne la tecnica. Domani l’Osteopatia, senza dubbio, non sarà più quella di oggi, entrerà nel mondo della specificità, del dettaglio, farà fare un passo avanti ai nostri limiti terapeutici attuali. Tutte le specialità mediche daranno ampio spazio alla nostra pratica, per il più grande benessere dei nostri pazienti.

Durante il mio periodo di docenza alla Facoltà di PARIS VIII, dal 198O al 1988, incontrai più volte il Dottor Jean Marie Guillot; restò molto incuriosito da ciò che facevo ed attratto dalla mia pratica: la visione olistica del paziente. Lavorammo insieme e decidemmo di scrivere un libro insieme. Pubblicato nel 1985, questo libro, Le Lien Mécanique Ostéopathique, substrat anatomique de l’homéostasie, è ancora un nostro riferimento. Attualmente, questo libro è esaurito. 

Di fronte al successo di questo libro, decidemmo di iniziare l’insegnamento del Lien. Per ragioni deontologiche, abbiamo rapidamente interrotto la nostra collaborazione (Jean-Marie Guillot, in qualità di medico, ufficialmente non poteva tenere dei corsi ad osteopati non medici, ricordandovi, che erano considerati operatori illegali). Continuai, allora, l’insegnamento del Lien al di fuori di tutte le strutture accademiche. Durante questo periodo venni incoraggiato da Jean Pierre BARRAL DO. Fece pendere l’ago della bilancia sul lato buono nel momento in cui arrivai a chiedermi come se continuare o meno.

Dovevo partire per una nuova formazione del LMO quando, nella settimana che la precedeva, ricevetti la telefonata da un collega, di nome Éric PRAT, che mi diceva di essersi formato un anno prima con me. Praticava con entusiasmo il metodo e si rese disponibile a diventare mio assistente se ce ne fosse stato mai bisogno. Gli risposi che la settimana successiva avrei tenuto un corso e che se fosse stato disponibile sarei stato molto felice di averlo come assistente collaboratore. Lui accettò immediatamente.   

Éric è stato non solamente mio assistente a partire dal 1988, ma molto rapidamente si è dimostrato indispensabile per la valorizzazione del concetto del LMO. Al momento è il numero UNO della nostra associazione, è uno spirito creativo che è all’origine di un certo numero di lavori importanti nei differenti domini del LMO, come le diastasi articolari, l’architettura delle linee di forza, in particolare per quelle del cranio, l’integrazione della lesione dei nervi, che è una immensa ed imprescindibile unità funzionale, ecc.  Da allora, io ed Éric abbiamo tenuto conferenze e formazioni in Francia ed in tutto il mondo. È una gran gioia ed anche una bella soddisfazione trasmettere così il metodo del LMO.

Con Éric, abbiamo allora scritto un certo numero di pubblicazioni. Il primo pubblicato: Le Lien Mécanique Ostéopathique - Théorie et Pratique (2003), dove abbiamo presentato i principi fondamentali del metodo.  Con la collaborazione di Jacques Michaud, MD DO, abbiamo in seguito scritto Le Lien Mécanique Ostéopathique : artères et système neuro-végétatif (2009), ed un terzo libro è appena stato stampato, Le Lien Mécanique Ostéopathique – lésions ostéopathiques de l’os (2012).  La nostra intenzione è di continuare a pubblicare, in particolare, sul sistema viscerale, il sistema nervoso periferico e craniale, la colonna vertebrale. ecc – soggetti dove il LMO presenta dei nuovi elementi che potranno far progredire l’approccio osteopatico.  

Le conferenze e soprattutto le formazioni continuano in tutto il mondo. Il nostro trio di base Éric, Jacques ed io, attualmente si trova rinforzato da tutta una squadra di insegnanti con un alto livello di competenze: Ildiko Somody Neplaz DO, Dominique Moreau DO, Pascal Ferrand DO, Olivier Dusser DO, Claudia Hafen DO, … ed altri che collaborano con noi in qualità di assistenti o di traduttori. Tutti questi colleghi hanno una grande esperienza nella pratica del LMO, esperienza che trasmettono con molto entusiasmo; non riuscirò mai a ringraziarli abbastanza.

La nostra formazione attualmente è indirizzata ai diplomati in Osteopatia o titoli equivalenti. Non abbiamo mai considerato di creare una nostra propria scuola, una struttura accademica, che si sovrapponesse agli altri organismi di formazione. Quello che spero, è di vedere il LMO integrato nel corso degli studi di Osteopatia, un po’ come l’osteopatia craniale di Sutherland, la Muscle Energy di Mitchell, il Strain-CounterStrain di Jones o l’osteopatia strutturale di Littlejohn.  Non voglio sostituirmi a quello che già esiste, cionondimeno, il LMO è divenuto imperdibile, ne ho l’intima convinzione. Mi auspico che il LMO abbia il suo spazio, nient’altro che il suo spazio, in questo mondo osteopatico che si muove ed evolve in permanenza. In complemento alla cultura ed alla conoscenza, indispensabili, che deve possedere, l’osteopata deve possedere un ventaglio di approcci differenti che possano permettergli, in funzione della sua sensibilità e della sua personalità, di optare per un orientamento particolare, di associare diverse tecniche o di arrivare ad una sua metodologia.

Il Dottor Didier Feltesse un giorno mi disse: «Sai, Paul, penso a te tutti i giorni. Ho la mia pratica, amo fare dello strutturale, ma non c’è un momento della giornata dove non metto in pratica quello che ci hai insegnato.  Quindi, penso automaticamente a te quando faccio questo!». È stato un complimento che mi ha toccato. Penso che molti operatori nel modo non utilizzano necessariamente il LMO nella totalità, anche se sempre più osteopati si sono formati con il LMO, ma utilizzano ciò che gli pare più interessante del metodo; e già questo mi rende appagato.  

Attualmente assistiamo ad una certa evoluzione mondiale nella pratica dell’osteopatia. A torto o ragione, I pazienti sono sempre più attenti in rapport alle tecniche osteopatiche abitualmente praticate: le tecniche di manipolazione gli appaiono pericolose o inutili mentre certe tecniche dette dolci, come le craniali, possono lasciarli perplessi. La base dell'Osteopatia è tuttavia stabilita scientificamente. L'anatomia, la fisiologia, la biomeccanica sono i fondamenti. Se vogliamo essere considerati seriamente, dal modo medico, è indispensabile appoggiarsi su questa base solida e comune a tutti gli osteopati. Gli operatori formatisi con il LMO trovano una risposta chiara alle domande fondamentali che si pongono. Come trovare la lesione in tutto il corpo, quale cammino intraprendere con chiarezza per approcciarsi al paziente, quando terminare un trattamento, quali strumenti utilizzare per trattare il paziente in tutta sicurezza. Il concetto olistico del LMO, nella sua logica, ci permette di uscire ambiguità che da lungo tempo frenano lo sviluppo dell’Osteopatia. La pratica della nostra Arte merita tutto il suo spazio nella società moderna attuale e futura, appartiene a noi la scelta di prendere le strade adeguate. Il LMO è dunque una proposta interessante nella pratica di questa magnifica professione che è l’Osteopatia.